Educatrici e educatori in sociopsichiatria: l’attualità della formazione e della ricerca

Mustacchi, Claudio (2017) Educatrici e educatori in sociopsichiatria: l’attualità della formazione e della ricerca. In: Educatori in sociopsichiatria... che follia?, OSC Casvegno. (Unpublished)

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Abstract

Le grandi riforme psichiatriche degli anni Ottanta hanno visto in tutti i paesi democratici l’accentuarsi degli aspetti socioeducativi negli interventi per la salute mentale. Anche il Ticino ha condiviso quelle importanti trasformazioni, che vogliono coniugare cura dell’individuo, tutela personale, protezione dei cittadini, salvaguardia dei diritti inalienabili, rispetto delle libertà individuali. Elementi complessi, che interagisco fra loro in un delicato equilibrio influenzato dai cambiamenti di sensibilità dell’opinione pubblica e dalle congiunture socioeconomiche. Nel 1985 entra in vigore la Legge sull’assistenza sociopsichiatrica (LASP) e nasce l’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale (OSC). Nel 1994 scompare di fatto l’Ospedale neuropsichiatrico cantonale per lasciare spazio a due nuove strutture: la Clinica psichiatrica cantonale (CPC) e il Centro abitativo, ricreativo e di lavoro (CARL). In questi scenari, prende sempre più importanza l’opera di un professionista dell’educazione sociale, che si affianca alle figure che tradizionalmente agiscono nella cura della malattia mentale. Accanto al sapere medico, viene messo in campo un agire orientato pedagogicamente, che nasce e viene di continuo ridefinito e rinnovato nel flusso di un dialogo, dentro una relazione di cura, con uno sguardo attento a ciò che accade nella società. Per l’educazione sociale, il “folle” non è un “paziente”, ma un soggetto da incontrare, con cui condividere un paesaggio fatto di relazioni, costruire possibilità esistenziali, promuovere capacità e progettualità di vita. A poco più di trent’anni dalle riforme che hanno valorizzato il lavoro socioeducativo, il CARL e la SUPSI, propongono una giornata di riflessione per interrogarsi su una professione relativamente recente nel panorama dell’assistenza sociopsichiatrica. Un’assistenza che è cambiata molto in questi anni, come molto è cambiata la società. Si sono allargati gli sguardi per la tutela dei diritti e per il rispetto delle diversità. Il tema dell’inclusione si è affermato come paradigma del lavoro sociale (si pensi al Piano d’azione sulla salute mentale 2013-2020 dell’OMS o alla Convenzione dell’ONU per i diritti delle persone con disabilità, approvata dalla Svizzera nel 2014). Le malattie della mente sono meno stigmatizzate, mentre le neuroscienze dialogano con le scienze umane per affrontare l’enigma del cervello che ci vede tutti coinvolti. A fronte di tanti aspetti positivi, nelle comunità sembrano però aumentare insicurezze, paure e chiusure; complice anche una crisi economica che tende a scaricare sui più deboli i propri costi. Si generano nuovi disagi, si sfilacciano le relazioni sociali e umane. Nuovi “pazienti”, fra i quali molti giovani, sono presi in carico dall’assistenza sociopsichiatrica. Soggetti che esprimono nuove fragilità, che richiedono nuove forme di accoglienza, nuovi gesti di cura e di accompagnamento esistenziale. Dal 1998 la SUPSI forma educatrici e educatori sociali che si trovano a operare con persone che sempre maggiormente esprimono disagio psichico, casi che richiedono attenzioni socioeducative e sono sempre più presenti anche negli istituti della Legge sull’Integrazione Sociale e Professionale degli Invalidi (LISPI). Che ruolo svolgono e possono svolgere le educatrici e gli educatori per affrontare questi scenari? Quali sono le risorse che mettono e possono mettere a disposizione? Quali sono le sfide che ne derivano per la formazione e per la ricerca?

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