Diverse chiavi di lettura delle "misconcezioni"

Sbaragli, Silvia (2006) Diverse chiavi di lettura delle "misconcezioni". Rassegna, 14 (29). pp. 47-52.

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Abstract

In questo articolo tratteremo uno dei termini più usati da decenni nella ricerca in didattica della matematica, la parola “misconcezione”, inquadrandolo all’interno del panorama attuale di ricerca. L’interpretazione delle misconcezione a cui facciamo riferimento, si fonda sul ruolo costruttivo ed elaborato proposto da D’Amore per questo termine fin dagli anni ’90, che considera le misconcezioni non come situazioni del tutto o certamente negative, ma anche come possibili momenti di passaggio, in corso di sistemazione, a volte necessari per la costruzione di un concetto; tale scelta costruttiva permette di superare la scontata interpretazione negativa derivata classicamente dalla letteratura. In quest’ottica, le misconcezioni non costituiscono un ostacolo all’apprendimento futuro degli allievi se sono legate ad immagini deboli e instabile del concetto, mentre rappresentano un ostacolo all’apprendimento se sono radicate a forti e stabili modelli di un concetto. Tutto ciò deriva dalla forza e stabilità del modello, caratteristiche che sono di per sé stesse di ostacolo ai futuri apprendimenti, rispetto alla dinamicità e instabilità delle immagini (per la terminologia tecnica di didattica della matematica, si veda D’Amore, 1999). Questa proposta semantica è in analogia con ciò che fece Brousseau per il termine ostacolo a partire dal 1976, al quale diede un ruolo costruttivo in didattica della matematica, interpretandolo come una conoscenza che ha avuto successo in situazioni precedenti, ma che non “tiene” di fronte a situazioni nuove. Le misconcezioni così intese sono state da noi distinte in due grandi categorie: “inevitabili” ed “evitabili”; le prime sono quelle che non dipendono direttamente dalla trasposizione didattica effettuata dal docente, ma dalla necessità di dover dire e mostrare qualcosa per poter spiegare un concetto, che non potrà mai essere esaustivo di ciò che si sta proponendo; mentre le seconde dipendono proprio dalle scelte che l’insegnante prende per effettuare la trasposizione didattica e che possono condizionare negativamente la formazione degli allievi. Spiegheremo di seguito queste categorie presentando alcuni esempi.

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