I privilegi fiscali per le persone facoltose secondo il diritto svizzero, italiano ed euro-unitario

Vorpe, Samuele (2021) I privilegi fiscali per le persone facoltose secondo il diritto svizzero, italiano ed euro-unitario. PhD thesis, Università degli Studi di Ferrara.

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Abstract

Questo lavoro di dottorato intende approfondire le normative tributarie applicabili in Svizzera e in Italia riguardanti le tassazioni privilegiate applicabili alle persone fisiche quando si adempiono determinate condizioni. In Svizzera questo istituto conosce una lunga tradizione, mentre in Italia è di recente attuazione. In Svizzera, le persone che beneficiano di questa particolare forma di tassazione, che esula dalle regole ordinarie, hanno la possibilità di essere tassate sul loro tenore di vita, senza dover dichiarare i redditi e i capitali di fonte estera. Per poter accedere a tale privilegio, oltre ad essere assoggettati alle imposte per la prima volta o dopo un’assenza di almeno dieci periodi fiscali, non si può esercitare alcuna attività lucrativa in Svizzera, non si deve possedere la nazionalità svizzera. In Italia, il vantaggio principale pure è costituito dalla mancata tassazione dei redditi di fonte estera, che viene compensata con il prelievo di un’imposta capitaria. Ne possono beneficiare tutte le persone, indipendentemente dalla loro nazionalità, a condizione che siano state assenti dal territorio italiano per almeno nove dei dieci periodi d’imposta precedenti l’inizio del periodo di validità dell’opzione. Questi regimi privilegiati sono lesivi dei principi di uguaglianza e di capacità contributiva, garantiti sia dalla Costituzione elvetica sia da quella italiana, poiché il diverso trattamento impositivo accordato a queste persone non trova un’adeguata giustificazione di natura extra-fiscale nelle Costituzioni. Nell’Unione europea esistono diversi regimi analoghi: il più antico è stato istituito dal Regno Unito e altri sono previsti, sebbene in forme diverse, da altri Stati membri, segnatamente Grecia, Irlanda, Malta e Portogallo. Benché la compatibilità di queste tassazioni privilegiate generi particolari criticità con il diritto euro-unitario, segnatamente con il principio di non discriminazione, con il divieto degli aiuti di Stato e con il Codice di condotta sulla tassazione delle imprese, il loro diffondersi ha creato, di fatto, una concorrenza fiscale pregiudizievole all’interno degli Stati membri. È evidente che, al fine di eliminare sia la lesione del principio di uguaglianza sia la concorrenza fiscale dannosa all’interno dell’Unione, è necessario adottare una normativa che persegua questa finalità. Una decisione in tal senso è estremamente difficile poiché il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea prescrive l’unanimità degli Stati membri per delle modifiche riguardanti la fiscalità diretta. Questa condizione, come è noto, paralizza concretamente la possibilità di contenere questi privilegi fiscali a favore di una determinata cerchia di contribuenti facoltosi. La necessità di modificare il Trattato, nel senso di prevedere la possibilità di introdurre la maggioranza qualificata in luogo dell’unanimità in materia fiscale, si impone. Se non si addivenisse a tale modifica, la disparità di trattamento dei contribuenti, così come la concorrenza fiscale dannosa tra gli Stati membri, tenuto conto anche di questo particolare periodo storico legato alla pandemia COVID-19, pregiudicherebbe la politica finanziaria dell’Unione. Un intervento normativo, o quanto meno delle raccomandazioni sotto forma di soft law, sono comunque necessarie per limitare la concorrenza fiscale tra gli Stati membri che sottrae ingenti entrate fiscali agli Stati che ne avrebbero diritto.

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